Vita di coppia: i primi anni di vita di un figlio
Continua la rubrica a cura della D.ssa Marica Malagutti, Psicologa specializzata in Psicodramma analitico, Psicologia forense ed in Diritti Umani e Cooperazione dello Sviluppo, che in questi ultimi articoli si è dedicata all’analisi dell’amore e della famiglia: dai primi momenti che portano all’estasi fino all’amore di coppia, mentre nell’ultima pubblicazione si è parlato del desiderio di avere un figlio.
Oggi parleremo dei primi anni di vita di un figlio, un periodo di grande importanza e di grandi dubbi per i neogenitori.
Già dal primo istante di vita il bambino piange se sta male o ha qualche bisogno e si tranquillizza se tutte le sue esigenze sono state soddisfatte. La madre e le persone che si occupano del neonato cominciano a riconoscere i diversi tipi di pianto: ad esempio distinguono il momento in cui il bambino ha fame da quando invece avverte dolore. L’allattamento diventa poi uno scambio di sguardi e contatto che rafforza il legame con la madre o con chi si occupa di lui. Anche il momento dell’igiene diventa occasione di interscambio emotivo che rafforza e qualifica i legami primari. Il bambino poi inizia a distinguere la voce dell’adulto, percepisce fin da subito l’odore della mamma e piano piano distinguerà anche il viso.
In questo periodo più che mai è fondamentale seguire il ritmo naturale del piccolo il quale ci avverte senza mezzi termini quando è ora di allattarlo, cambiarlo e metterlo a dormire. I tempi degli adulti vengono quindi stravolti portando non troppo raramente i genitori a svegliarsi di notte per accudirlo. Quando il bambino porta il papà e la mamma a rimanere svegli per molte ore alla notte e per un periodo di tempo prolungato, insorge uno stress da stanchezza acquisita che può compromettere l’equilibrio familiare. Ecco che forse l’intervento della famiglia allargata o di una baby-sitter può aiutare i due genitori a ritrovare un giusto riposo e superare un momento difficile non solo dal punto di vista fisico.
Interessante è a questo punto sapere che, come spiega il professor Alberto Pellai, docente dell’Università degli Studi di Milano, quando nasciamo, il nostro cervello è pronto a costruire le così dette reti neurali che vengono attivate dall’esperienza e dalla realtà in cui siamo coinvolti.
Ma che cosa sono le reti neurali?
In parole semplici si può dire che esse sono dei circuiti di neuroni interconnessi in modo tale da modificare la loro configurazione in risposta a stimoli esterni. In questo senso diventa centrale il processo dell’apprendimento e diventa quindi fondamentale accudire in modo adeguato il bambino e seguirlo nel suo fare esperienza. Anche il rapporto emotivo naturalmente deve essere buono e l’adulto è tenuto ad infondere sicurezza nel piccolo, proponendogli stimoli adeguati alla sua età e ai suoi tempi. Tutto diventa occasione per imparare: dal gioco della palla, al suono di un giocattolo, al momento della pappa…ecc. I genitori e gli educatori devono essere pronti ad intuire quello che sente il bambino attraverso l’empatia, attivando così le stesse reti neuronali: i così detti neuroni specchio.
Qual’è il primo presupposto per una buona educazione?
Certamente per educare, occorre ascoltare, porre attenzione, condividere l’esperienza con il bambino e di conseguenza agire non solo con decisione, ma soprattutto con dolcezza e tranquillità. Certo che per i genitori non è facile capire quando il bambino non si esprime ancora con le parole, a volte i suoi bisogni vengono percepiti come capricci e la vita stressante di oggigiorno influenza inevitabilmente il rapporto tra i genitori e i loro bambini. Quando ci accorgiamo di questo dobbiamo imparare prima a ritrovare la nostra calma e poi ad infondere serenità e sicurezza nel bambino. Proprio per questo oggi più che mai è importante che i genitori collaborino: se infatti uno non riesce a gestire la relazione con il bambino, l’altro può, anzi deve intervenire a sostegno sia del partner che del bambino senza tuttavia boicottare l’altro. A volte purtroppo a boicottare l’intervento dei genitori sono i nonni che tendono a sostituirsi ai genitori senza sostenerli. Ma altre volte invece diventano una grande fonte di sostegno e supporto non solo pratico, ma anche emotivo al nucleo familiare del loro nipotino.
Quanto è importante a lungo termine seguire i propri bambini?
Ricerche scientifiche hanno dimostrato che bambini seguiti adeguatamente dal punto di vista cognitivo ed emotivo hanno molta più probabilità che diventino adulti realizzati sia nel lavoro che nelle relazioni sociali ed affettive.
Per cui se il sostegno del partner o della famiglia allargata non è sufficiente, è bene rivolgersi ad un esperto sia per ritrovare l’equilibrio emotivo, sia per avere indicazioni adeguate per il bene dei propri figli.